La scuola del futuro, genesi di un’utopia

Parlare di scuola in un blog di “ispirazioni per la vita” può sembrare un’entrata a gamba tesa in un campo dove il razionalismo è il padrone di casa. Per lo meno una incoerenza dato che in altri post ho elogiato il valore superiore della conoscenza intuitiva, a scapito di quella nozionistica, meccanica e razionale. Però la scuola esiste e non potrebbe essere altrimenti. Inoltre, è parte fondamentale della vita di ciascun cittadino. Molti bambini/ragazzi socializzano più tempo a scuola che in famiglia, anche perché spesso in famiglia non si socializza affatto. La scuola affianca comunque le famiglie nel processo educativo ed è pienamente corresponsabile dello spegnimento, progressivo, delle nostre facoltà intuitive ed espressive. Un perfetto strumento per la creazione di yes-men funzionalmente integrati nel Sistema.

Il tarlo della scuola mi è entrato in testa da circa due settimane, dopo aver assistito a una esposizione nella quale il relatore metteva in risalto una caratteristica del sistema educativo che incide fortemente sulla nostra psiche: la scuola esalta sempre quello che avresti potuto fare meglio, mai quello che hai fatto di buono. Esemplificando: se prendi un non disprezzabile sette, non avrai quasi mai elogi (“bravo Peppino, bella performance“), bensì solo reprimende (“non Ti ho dato otto perché …” (…) , “la prossima volta cerca di fare meglio questo ...”). Questo pensiero mi ha accompagnato per giorni finché non si è connesso magicamente con altri due indizi:

  1. Mindvalley (http://www.mindvalley.com/) ha diffuso con una serie di video le proprie idee per un nuovo concetto di scuola
  2. mi sono imbattuto in un articolo datato 2013 (quindi vecchio, vecchissimo… giusto?) di Anna Maria Borrello titolato “La scuola che vorrei“.

Entrambe le fonti mi hanno ulteriormente ispirato, per cui eccomi qua a parlar di scuola.

A che serve veramente la scuola?

Oltre a parcheggiare i bambini/ragazzi in un luogo autorevole e sicuro (?) e a fomentare decine se non centinaia di frasi e detti dispregiativi da parte degli stessi suoi alunni, la scuola ha diverse funzioni di valenza sociale, economico, culturale. Tra queste vorrei evidenziarne e metterne a confronto tre.

Formare i cittadini di domani

Formare i cittadini. Bello, emozionante, grande responsabilità. Ma se vogliamo formare i cittadini di domani dobbiamo re-introdurre nella scuola robuste dosi di educazione civica ed educazione etica. Della seconda in Italia non abbiamo mai sentito parlare a scuola. L’etica è invece materia curriculare in diversi paesi europei, con l’intento di spiegare ai ragazzi le regole della convivenza sociale. Si tratta di contesti dove il rispetto delle regole è applicato con severità, dentro o fuori alla scuola. Della prima (l’educazione civica) si sono ormai perse le tracce. In teoria esiste, limitatamente a un’ora settimanale, con lo scopo di insegnare ai ragazzi la Costituzione Italiana, il funzionamento degli organi dello Stato, il concetto di famiglia, scuola e gruppo, i modi di agire corretti, diritti dell’uomo, tutela del paesaggio, rispetto delle regole, diritti umani … In pratica non è mai stata una materia obbligatoria ed è lasciata alla buona volontà delle maestre o dei professori.

Scuola … di vita

Questa interpretazione intende l’esperienza scolastica come una sorta di “addestramento-allenamento” progressivo per introdurre i bambini/ragazzi alle difficoltà della vita. L’esperienza a scuola è in questo senso una vera e propria palestra dove essi prendono atto dell’esistenza di regole, ruoli, compiti, doveri e diritti, interagendo in un contesto sociale e socializzante, con compagni (loro pari), insegnanti (le autorità) e personale ausiliario (gli adulti collaboranti, da rispettare e supportare). Troppo spesso però questa scuola di vita mette in evidenza caratteri negativi della convivenza e dell’istituzione scolastica: bullismo, due pesi e due misure, disorganizzazione, improvvisazione, scarsità di risorse.

La scuola che “prepara”

In questa accezione la scuola è un percorso di apprendimento di nozioni, metodi e tecniche da raffinare e stratificare in un continuum senza fine per arrivare al successo (una buona posizione, un buon lavoro, ecc.). Con la complicità di molte, troppe, famiglie, essa diventa allora un campo di battaglia dove solo i migliori possono emergere sulla massa. Il loro premio? Soldi, rispetto, potere. E gli altri ? Solo briciole, del resto avrebbero potuto impegnarsi di più… Cito su questo aspetto un passaggio dell’articolo di Anna Maria Borrello: “(…) gli Esami di Stato sono uno dei peggiori esempi nello svolgimento del processo, negli esiti e nella soddisfazione esercitata sugli utenti di quanto la competizione e il merito inficino i reali processi di crescita e maturità dell’apprendimento. In modo da non diventare il ricettacolo delle ansie e delle aspettative delle famiglie che, pur di raggiungere un risultato essenzialmente e spesso soltanto numerico, tentano, e talvolta vi riescono, di falsificare i percorsi restituendo così un’immagine distorta della realtà, che mortifica desideri, sogni, propositi e progetti. Queste famiglie non aspettano dalla scuola una valutazione obiettiva, ma che la scuola certifichi le loro presunte certezze, perché il fallimento dei propri figli potrebbe essere tradotto di fronte al contesto sociale di riferimento come una esplicita attestazione del proprio fallimento, sul quale preferiscono non fermarsi a riflettere, ma continuare piuttosto a tirare innanzi.”

Stupendo! Nessuno avrebbe potuto dirlo meglio. Una fotografia dei falsi valori e della falsa morale dei tempi moderni.

Senza la scuola non si diventa adulti e qualora essa “morisse” assisteremmo a una società di bambini, di Peter Pan alla ricerca dell’isola che non c’ è.  (cit. Anna Maria Borrello)

question-mark-cookies-1440x810La scuola per l’umanità: l’utopia.

Sogno una scuola che metta al primo posto l’immenso valore della solidarietà, della tutela del pianeta e dei suoi abitanti, sia umani che non.

Sogno una scuola “per l’Umanità” che renda il pianeta un’unica grande dimora per i quasi 8 miliardi di persone che vi abitano.

Voglio allora far mie e condividere anzitutto alcune utopie di Mindvalley, ma anche talune istanze più “ragionevoli” che tanti docenti appassionati e innamorati della vita portano nel cuore.

  • la scuola dell’espressione, contrapposta a quella della prestazione. Dove ogni alunno possa sentirsi libero di esprimersi in base alle sue inclinazioni, con gli strumenti e i canali comunicativi che gli sono più propri. Dove l’obiettivo principale degli insegnanti non sia quello di “finire il programma” slide_246574_1422912_freebensì di “creare il programma” adattandolo alla classe e ai singoli alunni. Dove ogni bambino/ragazzo possa trovare le motivazioni nell’apprezzamento degli insegnanti piuttosto che nella paura e nella critica, supportato nello sviluppo dei propri talenti e delle proprie abilità
  • la scuola che celebra il valore della comunità piuttosto che quello dell’individuo. Dove la classe si sente una squadra e il successo di tutti è al di sopra di quello individuale. Dove si insegni a perseguire e raggiungere obiettivi di comunità e a non lasciare indietro nessuno. Dove l’amicizia e la solidarietà sono parte fondante della didattica e pre-requisito indispensabile per ogni interazione
  • la scuola che insegna a fare bene quello che amiamo piuttosto che quello che dobbiamo fare. Perché vivere la vita pienamente passa per l’assecondare i propri personalissimi e preziosi talenti, con passione e gioia. Una scuola che insegni a essere straordinari, ognuno a suo modo
  • la scuola che supporta la crescita personale, sulla falsa riga di quanto già detto in precedenza, ma con strumenti e tecniche specifici per l’espressione dei talenti, per la risoluzione di conflitti e disagi personali, per accrescere la consapevolezza, l’autostima e la socialità
  • la scuola dell’inclusione, che non frappone barriere culturali, linguistiche, religiose. Una scuola dove il termine “razza” sia bandito permanentemente e dove ognuno si senta “persona”, con pari dignità e pari opportunità
  • una scuola aperta all’innovazione, sia tecnologica che didattica, dove anche i docenti sono in grado di adattare rapidamente programmi, approcci e strumenti, con la voglia di mettersi in gioco e imparare essi stessi a stare costantemente al passo delle nuove tecnologie, aperti alle infinite possibilità del proprio tempo
  • infine, la scuola delle grandi virtù, riprendendo anche qua alcuni passi dell’opera “Le piccole virtù” di Natalia Ginzburg:

    Per quanto riguarda l’educazione dei figli, penso che si debbano insegnare loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore alla verità; non la diplomazia, ma l’amore al prossimo e l’abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e sapere”. Con le piccole virtù si rischia di scivolare in fretta nel cinismo, nella paura di vivere, si rischia di pesare il mondo e la vita sulla bilancia della convenienza. Le grandi virtù accendono la fantasia, l’energia, ci danno sostanza, sogni, orizzonti, ci rendono più forti, più liberi  (Natalia Ginzburg)

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